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    Patrizia DAL ZOTTO
.: Problemi di espressione in italiano / 2 (1997)
Una rassegna degli errori più diffusi nei parlanti di lingua ungherese.

 

 
Nel presente numero della rivista viene presentata la seconda parte di questo lavoro di "raccolta" di errori più frequentemente riscontrati nell'espressione scritta e parlata, in ambito scolastico ed extra-scolastico. Nell'articolo precedente ci sono stati problemi di carattere "tipografico", inevitabili quando si viaggia in Internet, ma che creano notevole disturbo per la corretta comprensione della lingua. Soprattutto in un articolo in cui si parla di errori.

Seconda sezione: problemi vari

1) Chi pronome relativo
La tazza che ho comprato ieri è rotta.
*Conosco una persona chi mi piace tanto.
*Nunziata, di chi Arturo si innamora, è sposata.
*Il pacco puoi consegnarlo alla persona a chi avevi voluto.
*Questi giornali li legge solo che si annoia.

Il pronome relativo è che, riferito a persone e a cose:
La tazza che ho comprato ieri è rotta.
Conosco una persona che mi piace molto.
Quando il pronome relativo è preceduto da preposizione diventa CUI:
Nunziata, di cui Arturo si innamora, è sposata.
Il pacco puoi consegnarlo alla persona a cui volevi.
Il pronome personale chi è:
a) pronome interrogativo
Chi è? Chi vuole un caffè?
anche quando è preceduto da preposizione:
Con chi parli? Di chi è questo?

b) significa "colui il quale", "coloro i quali", ma è solo singolare
Questi giornali li legge solo chi si annoia.
(Questi giornali li legge solo colui il quale si annoia)
Anche quando è preceduto da preposizione:
Dà una fetta di torta a chi arriva primo.
(Dà una fetta di torta a colui il quale arriva primo)
*I quali che prendono il sole devono spalmarsi di crema.
Le possibili soluzioni corrette sono:
Coloro i quali prendono il sole devono...
Quelli che prendono il sole devono...
Chi prende il sole deve...
Da notare che chi è sempre singolare, o meglio non ha numero, e pertanto richiede il verbo al singolare
*Ci sono che solo ascoltano.
Le possibili soluzioni sono:
Ci sono quelli che ascoltano soltanto.
C'è chi ascolta soltanto.
A proposito di quest'ultima frase, molto frequentemente manca un elemento indispensabile nella proposizione principale (è un errore), in particolare quando si usa
c'è / ci sono, oppure tutto / tutti, come nei seguenti esempi:
*C'è tutto che vuoi comprare.
*Questa soluzione è raccomandata a tutti che portano il parrucchino.
*Ci sono che solo ascoltano.
Manca il dimostrativo quello / quelli, indispensabile elemento di collegamento tra la principale e la secondaria relativa:
C'è tutto quello che vuoi comprare. (C'è tutto ciò che vuoi comprare.)
Questa soluzione è raccomandata a tutti quelli che portano il parrucchino.
Ci sono quelli che solo ascoltano.
2) Paragoni
*Guardare un film non è uguale come leggere un libro.
*È più vecchia solo con due anni.
*Il mare era stato il pulitissimo.
Non intendo qui trattare questo complesso argomento grammaticale, poiché è presente in tutte le grammatiche e i libri di testo, con spiegazioni appropriate. Vorrei solo porre l'attenzione sul fatto che, spessissimo, il secondo termine di paragone viene introdotto dalla congiunzione come e la quantità è preceduta dalla preposizione con (evidente, in entrambi i casi, l'interferenza della lingua ungherese), ma è un uso errato.
In italiano la congiunzione come si usa, da sola, senza bisogno di aggettivi, per il paragone di uguaglianza:
Guardare un film non è come leggere un libro.
Mentre per i paragoni di minoranza e maggioranza si usa di oppure che (non indifferentemente, ma in dipendenza dalla natura grammaticale dei due termini di paragone; anche per questo punto rimando ai libri di testo).
La quantità è preceduta dalla preposizione di:
È più vecchia solo di due anni.
Il superlativo assoluto non richiede (solo quello relativo!!), anzi rifiuta, l'articolo determinativo:
Il mare era (stato) pulitissimo.
3) ... AZ, HOGY ...
*Altri lo sanno, come suonare strumenti.
*Vedendo gli oggetti sono sicuro di quello, che qui abita una donna.
*Ho pensato spesso a quello, che cosa è stato un anno fa.
*L'articolo del giornale si riferisce a quello, che gli studenti non sono d'accordo sulle tasse universitarie.
*Per fortuna lo succede raramente.
*Il problema non era con la grammatica ma con ciò, che non abbiamo avuto la possibilità di praticare la lingua.
La secondaria esplicita è introdotta dalla congiunzione che (ungherese hogy). Nella frase principale può essere anticipata da un elemento, che però non è sempre indispensabile:
Altri sanno come suonare strumenti.
Vedendo gli oggetti sono sicuro che qui abita una donna.
Ho pensato spesso a che cosa è stato un anno fa.
E, soprattutto, non è il pronome dimostrativo quello (traduzione dell'ungherese az). All'ungherese az può corrispondere questo oppure il fatto (entrambe le espressioni indicano una cosa presente, vicino a noi perché di essa stiamo parlando):
L'articolo del giornale si riferisce al fatto che gli studenti non sono d'accordo sulle tasse universitarie.
Per fortuna questo succede raramente.
Il problema non era con la grammatica ma con il fatto che non abbiamo avuto la possibilità di praticare la lingua.
Altra cosa importante riguarda la punteggiatura, spesso trascurata nell'insegnamento di una lingua straniera: non occorre la virgola tra principale e secondaria, è una pausa inutile, la frase risulta spezzata.
4) Anche
*La questione si presenta anche nella prosa e anche nei film.
ANCHE precede l'elemento a cui si riferisce
*La questione si presenta anche nella prosa.
Ma non si usa mai, come invece in ungherese, in modo iterato: per questo caso si usa
sia ... sia (o sia ... che oppure e ... e):
La questione si presenta sia nella prosa sia / che nei film.
La questione si presenta e nella prosa e nei film.
5) Forme tolte dal vocabolario e non concordate
*Devi essere bella per se stessa.
*Non voglio danneggiare il proprio corpo.
*Mi piace vestirsi alla moda.
*Se volete andarsene, siete liberi di farlo.
Le forme-base che si trovano nel vocabolario sono:
per i verbi l'infinito
per gli aggettivi il maschile singolare
per i verbi e le espressioni con pronomi si utilizza la terza persona singolare (infinito con la particella -si).
Quando dobbiamo utilizzare una espressione con l'infinito del verbo in una secondaria implicita (per esempio quando il soggetto è lo stesso nella principale e nella secondaria che da essa dipende, come negli esempi citati), dobbiamo fare attenzione al soggetto che quel verbo avrebbe se la frase fosse esplicita (cioè con verbo coniugato). Infatti se questa espressione contiene pronomi o aggettivi, essi vanno concordati con il soggetto. Negli esempi citati le espressioni (essere bello per se stesso; danneggiare il proprio corpo; vestirsi alla moda; andarsene) dipendono dal soggetto della principale:
(tu) Devi essere bella per te stessa.
(io) Non voglio danneggiare il mio (proprio) corpo.
(io) Mi piace vestirmi alla moda.
Se (voi) volete andarvene, siete liberi di farlo.
6) Aggettivo e avverbio
*Maria era tanta arrabbiata.
*Le vacanze passavano molte veloce.
*Le tre ragazze sono molte amiche.
*Ci siamo divertiti un grande.
*Sono qui sempre molto giovani.
*Ho visto tanto paese, tanto città.
*Ho sofferto per tanto anni.
*È buono per me parlare italiano.
*Lui disegna abbastanza buono.
*Questo dipinto è bene.
Molto e tanto sono sinonimi: hanno funzione di avverbio, e quindi sono indeclinabili (cioè restano invariati, non avendo né numero né genere) quando accompagnano un verbo o un aggettivo, cioè sono un attributo del verbo o dell'aggettivo.
Maria era tanto arrabbiata.
Le vacanze passavano molto veloce.
Ci siamo divertiti molto.
Le tre ragazze sono molto amiche.
In quest'ultimo esempio molto è un attributo del verbo essere, "essere amico".
Hanno invece funzione di aggettivi quando accompagnano un sostantivo, sono un attributo del sostantivo, pertanto vanno con esso concordati in numero e genere:
Sono qui sempre molti giovani.
Ho visto tanti paesi, tante città.
Ho sofferto per tanti anni.
In quest'ultimo esempio ricordo che dopo l'aggettivo quantitativo si usa il plurale.
Gli studenti usano spesso buono al posto di bene: è opportuno ricordare che buono è solo aggettivo, mentre bene è solo avverbio, e vanno utilizzati di conseguenza (cioè come attributi, rispettivamente, di sostantivo e di aggettivo o verbo):
È bene per me parlare italiano. (avverbio)
Lui disegna abbastanza bene. (avverbio)
Questo dipinto è buono. (aggettivo)
Stesso discorso vale per i termini di significato contrario, cattivo (solo aggettivo) e male (solo avverbio).
*Ora mio fratello vive in felice.
*Abitiamo in una grande casa, in calmo.
Quando si vuole esprimere un modo di compiere un'azione (attributo del verbo) si può usare:
  • un avverbio, che spesso (ma non sempre) può essere formato con l'aggettivo aggiungendo il suffisso -mente
    Ora mio fratello vive felicemente.
    Abitiamo in una grande casa, tranquillamente. (calmamente non esiste)
  • - l'aggettivo, ma senza preposizione (in questo caso l'attributo non si riferisce direttamente al verbo, ma al soggetto che compie l'azione, e va con esso concordato in genere e numero):
    Ora mio fratello vive felice.
    Abitiamo in una grande casa, calmi.
  • - un sostantivo introdotto da preposizione:
    Ora mio fratello vive in felicità.
    Abitiamo in una grande casa, in tranquillità.
7) Vicino, accanto, oltre
*Insegna e vicino fa la baby-sitter.
*Accanto il visitare si riposa.
Quando si tratta di verbi, azioni, non si usano le preposizioni vicino o accanto, che sono indicazioni di luogo, si usa invece oltre a (con l'infinito del verbo) o inoltre. Attenzione alla diversa posizione e all'uso di questi due:
La mamma del mio amico insegna, inoltre fa la baby-sitter.
Oltre a visitare si riposa.
Oltre a me c'era (anche) mio fratello.
Oltre che bella è (anche) brava.
Si noti che inoltre si accompagna a verbi coniugati, mentre oltre a ed oltre che introducono nomi, aggettivi, verbi all'infinito.
8) Improprietà linguistiche
a) diventare
*È diventato a un altro.
*Molte donne diventano alle prostitute.
*Si sono conosciuti e si sono diventati amici.
*Lo scultore diventa a far parte del romanzo.
*L'attenzione diventa essere puntata all'uomo.
*Carlo diventerà arrabbiato.
*Tu diventerai ammalato.
*Il bambino diventa addormentato con la camomilla.
Il verbo diventare non regge alcuna preposizione, e può essere seguito soltanto da aggettivi o sostantivi. Non è mai riflessivo.
È diventato un altro.
Molte donne diventano prostitute.
Si sono conosciuti e sono diventati amici.
Il verbo diventare significa trasformarsi, cambiare aspetto esteriore o interiore. Non può mai reggere un verbo, ma solo un aggettivo o un nome, perché indica una trasformazione già avvenuta, un nuovo stato, un nuovo dato di fatto. Per indicare invece il processo della trasformazione, o per dare l'idea del cambiamento inteso come svolgimento di un'azione (come un'azione che si svolge), si utilizzano altri verbi, per esempio trasformare e trasformarsi. Si può anche utilizzare il verbo venire a, come nei casi qui presentati:
Lo scultore viene a far parte del romanzo.
L'attenzione viene a essere puntata all'uomo.
Si noti la differenza con i corrispondenti:
Lo scultore fa parte del romanzo.
L'attenzione è puntata all'uomo.
Dove l'azione è già compiuta, non c'è più lo svolgimento. In altri casi specifici ci sono i verbi da utilizzarsi nella forma riflessiva:
Carlo si arrabbierà. (arrabbiare/arrabbiarsi/essere arrabbiato)
Tu ti ammalerai. (ammalare/ammalarsi/essere malato)
Il bambino si addormenta con la camomilla. (addormentare/addormentarsi/essere addormentato)
b) Formazione di parole
*È campione di tuffato artistico.
*Per questo problema non c'è il risolvo.
*Arriva prima della cominciata del concerto.
Non sempre il participio passato del verbo è anche il sostantivo derivato da quel verbo.
È campione di tuffo artistico.
Per questo problema non c'è la risoluzione.
Arriva prima dell'inizio del concerto.
c) Tempo
*Questo è il tempo per cominciare.
*È scappato prima del tempo del pranzo.
In italiano ci sono diversi sinonimi che si utilizzano per indicare periodi di tempo, e si usano in casi diversi (laddove in ungherese si usa il sostantivo "idõ")
Questo è il momento per cominciare.
In alcuni casi, quando in un sostantivo c'è già l'idea del periodo di tempo, non occorre specificare:
È scappato prima del pranzo.