Articoli Chi siamo Autori Mappa del sito
Insegnanet logo   Navigazione: Articoli-Chi siamo-Autori-Mappa del sito 
(Can use it even if pictures not loaded!)

 Insegnanet > Articoli > Problemi di espressione in italiano / 1

 
 
Invece di una lettura online, vi consigliamo di scaricare la versione da stampare:

> rtf: 10K / 8 p.
> doc: 11K / 8 p.
 
 
Articoli collegati
.: Problemi di espressione in italiano / 2
 
.:Olasztanárok kézikönyve
 
 
 
 
 
 
    Patrizia DAL ZOTTO
.: Problemi di espressione in italiano / 1 (1997)
Una rassegna degli errori più diffusi nei parlanti di lingua ungherese.

 

 
Vi sono errori che ricorrono più frequentemente nell'espressione in lingua italiana - sia parlata sia scritta - da parte dei parlanti lingua ungherese. Alcune aree di problemi sono comuni a tutti gli studenti della lingua italiana senza distinzione di provenienza linguistica e sono molto ben conosciute dagli insegnanti: il problema più frequente riguarda il genere del sostantivo e la difficoltà di concordanza in genere e numero tra sostantivo e aggettivo e/o verbo (nelle pagine successive vengono presentati alcuni esempi). Altre categorie sono invece tipiche dei parlanti lingua ungherese, i quali ricalcano in italiano strutture che appartengono alla loro lingua. Questo meccanismo (interferenza della lingua madre) è presente in tutte le lingue: ogni paese fa determinati errori in una lingua straniera.

In questa rubrica vengono presentati gli errori più frequentemente riscontrati nell'espressione scritta degli alunni, ma anche nell'espressione orale in ambito extra-scolastico. Ho cercato di concentrare l'attenzione sugli errori più caratteristici dei parlanti lingua ungherese essenzialmente per due motivi:
- innanzitutto si tratta di errori che spesso commettono gli insegnanti stessi senza rendersi conto di sbagliare;
- inoltre molti sono apparentemente inspiegabili, mentre in realtà rispecchiano esattamente la struttura della lingua ungherese.

Infine ho cercato di considerare errori per i quali non tanto facile trovare una correzione e spiegazione in qualsiasi manuale di grammatica o in un libro di italiano per stranieri.

Questo lavoro non vuole essere una semplice rassegna degli errori più comuni e più caratteristici, sebbene la riterrei comunque utile per appuntare l'attenzione sui punti più deboli e quindi concentrare gli sforzi di insegnanti e alunni in questa direzione, bensì anche un tentativo di "correzione sistematica e strutturata" che renda più chiaro il motivo dell'errore e quindi più efficace la correzione e la memorizzazione della forma corretta.

Il lavoro si è rivelato articolato e complesso, perciò ho deciso di suddividerlo in quattro sezioni: le prime due riguardano diversi tipi di problemi, la terza e la quarta vertono rispettivamente sui verbi e sull'uso delle preposizioni.

Ciascuna sezione contiene anche alcuni problemi di improprietà linguistica, cioè l'uso errato o improprio di parole che vengono caricate di un significato che in italiano non possiedono. In questi casi lo studente impara il significato italiano più comune e usa la parola in italiano negli stessi casi in cui la usa in ungherese: anche questo un meccanismo diffuso in tutte le lingue.

Prima sezione: problemi vari

Vorrei premettere alcune precisazioni che riguardano la lingua scritta.

  • sull'indicazione dei numeri e di periodi temporali espressi da numeri:

· gli ordinali si indicano con cifre romane (il XX secolo, la IV settimana) o con cifre arabe a cui segue in apice una o minuscola oppure una a minuscola (il 20º secolo, la 4ª settimana);

· quando sia evidente il secolo di cui si parla, l'anno può essere indicato con le ultime due cifre precedute da un apostrofo (la rivoluzione ungherese del '56, i moti indipendentisti del '48);

· quando si indica un decennio preferibile scriverlo in parole con l'iniziale maiuscola (gli anni Venti; il boom economico degli anni Sessanta);

· il secolo (dal 1100 in poi) si può indicare anche con cifre romane precedute da apostrofo che sostituisce il mille (il '900; il '500 il secolo d'oro della pittura veneziana) oppure in parola con l'iniziale maiuscola
(il Novecento; il Cinquecento);

· per i secoli inferiori al mille si possono usare solo le cifre
(il secolo VIII, il secolo 8º).

  • sull'indicazione del titolo di un'opera all'interno di un testo:

· i titoli di opere, letterarie o artistiche in genere, devono distinguersi chiaramente dal testo, devono pertanto essere racchiuse tra virgolette o sottolineate, e sempre con l'iniziale della prima parola maiuscola:
*Se il nostro autore avesse scritto Aspettando la sera in compagnia della sua musa ispiratrice, ora non saremmo qui a discuterne.
Qual è il titolo dell'opera?
Se il nostro autore avesse scritto "Aspettando la sera" in compagnia della sua musa ispiratrice, ora non saremmo qui a discuterne.

1) Genere e numero del sostantivo

- Problemi di concordanza con l'aggettivo:
*le traduzione
*tutte le tendenze letterarie precedente
*diversi voci narrativi

È evidente l'attrazione della vocale finale: occorre chiarire la formazione del plurale maschile e femminile del nome e dell'aggettivo e poi applicare all'aggettivo il genere e il numero adatto (cioè concordare l'aggettivo con il nome a cui si riferisce) e non applicare la stessa vocale finale del nome o dell'articolo.

- L'articolo

a)
*una schema
*la problema
*il problematica
*la nome

b)
*la fronte d'Italia durante la guerra
*come era il fine del XIX secolo

Analogo problema provoca la vocale finale nell'assegnare al nome il genere, maschile o femminile, ma fondamentale far osservare quanto sia importante l'uso corretto del genere nel caso in cui una stessa parola abbia due diversi significati:

IL fronte è linea di confine
LA fronte è parte del volto umano
IL fine è lo scopo
LA fine è la parte finale
IL morale è lo stato d'animo
LA morale è una parte della filosofia

c)
*i stili
*i scrittori
*un uniformità
*un epoca
*un'uomo
*un scopo

d)
*lo bravo psicologo
*gli miei stili

L'articolo indica il genere (maschile o femminile) e il numero (singolare o plurale) del nome che precede.

L'articolo determinativo maschile singolare ha tre forme:
IL davanti a consonante
L' davanti a vocale
LO davanti a S seguita da consonante, Ps, Z, Gn;

l'articolo determinativo femminile singolare ha due forme:
LA davanti a consonante
L' davanti a vocale.

Stesso discorso per l'articolo indeterminativo, ma attenzione all'apostrofo.

Infatti quello maschile ha due forme:
UN davanti a consonante e davanti a vocale (sempre senza apostrofo)
UNO davanti a S seguita da consonante, Ps, Z, Gn;

l'articolo indeterminativo femminile singolare ha due forme:
UNA davanti a consonante
UN' davanti a vocale.

L'uso dell'una o dell'altra forma dipende esclusivamente dalla lettera iniziale che segue immediatamente l'articolo, soltanto genere e numero vanno concordati con il nome a cui l'articolo si riferisce.

e)
*mi piace molto la questa professione
*la mia famiglia vive nella quella casa

Con l'aggettivo dimostrativo non si usa mai l'articolo, al contrario di quanto avviene nella lingua ungherese.

f)
*la gente è l'indifferente
*quando erano piccoli erano i vicini e frequentavano la stessa scuola
*la ragazza viene considerata la strega
*i giovani credono che se fanno ciò che è vietato allora saranno gli adulti
*papa Giovanni Paolo il secondo
*Enrico il quarto (- questa è l'influenza dell'inglese: «Henry the forth»)

Anche in questi casi l'articolo è di troppo, mentre è obbligatorio per indicare i soprannomi:
Giovanna la Pazza
Ivan il Terribile
Jack lo Squartatore
Enrico quarto

2) Ortografia

a)
*nascità
*le citta

Soprattutto l'accento crea problemi: in italiano questo segno grafico si pone sopra la vocale finale quando l'accento cade sull'ultima sillaba (parola tronca). Ma del resto anche nell'espressione orale lo studente ungherese non di rado sbaglia l'accento.

b)
*rispeccia

Altri problemi di ortografia presenta la lettera h: nella lingua italiana solo un segno grafico che indica il suono gutturale di c e g davanti alle vocali i ed e:
gioco
gesso
il Carroccio
ghiaccio
Pinocchio

c)
*rovesco
*tenpo
*banbola
*inpermeabile

Vi sono gruppi di lettere che si usano per rendere il suono corretto (come sci) o che subiscono una trasformazione, come n davanti a p e b

d)
*intelettuali
*parallellamente
*incorraggiare

Frequente anche l'errato raddoppiamento delle vocali all'interno di una parola.

3) Prima, per primo, per la prima volta, prima volta (elõször)

a)
*prima volta siamo andati a visitare il museo
*il turista per la prima volta visita la parte di Buda
*per la prima parlerò del periodo storico, poi di alcuni autori

b)
*c'era un ragazzo che per la prima volta non le sembrava speciale
*per la prima vista mi sembrava buono

In tutti questi casi la lingua ungherese usa l'espressione elõször che letteralmente significa la prima volta. Ma nella lingua italiana si hanno le seguenti espressioni: innanzitutto,
prima di tutto,
per prima cosa,
per primo:

per prima cosa / per primo siamo andati a visitare il museo
il turista innanzitutto visita la parte di Buda
prima di tutto parlerò del periodo storico, poi di alcuni autori

L'espressione italiana la prima volta (che esige l'articolo) indica il ripetersi dell'azione (o della situazione); sempre accompagnata da un verbo e regge un altro verbo introdotto da che:

tempo semplice (pres. o fut.) + la prima volta che + tempo semplice (pres. o fut.)

la prima volta che vedo questo film
sarà la prima volta che vado in aereo

la prima volta che + tempo composto, tempo composto

la prima volta che + tempo passato (semplice o composto), è stata quando + tempo passato (semplice o passato)

la prima volta che ho pianto, è stata questa estate
la prima volta che piansi, fu un disastro

Le tre espressioni innanzitutto, prima di tutto, per prima cosa sono equivalenti, mentre ha un uso particolare a prima vista

c'era un ragazzo che a prima vista non le sembrava speciale
a prima vista mi sembrava buono

4) Siccome, poiché, perché
*Resto a casa siccome nevica.
*Non l'ha preso siccome il prigioniero era furbo.

Siccome, poiché, perché hanno lo stesso significato, introducono una causale, cioè una frase dipendente che contiene la causa dell'azione della principale. Non possono però essere usati indistintamente, infatti molto importante è la posizione di queste congiunzioni.

Siccome e poiché si usano solo all'inizio dell'enunciato e sono congiunzioni causali forti, cioè sottolineano l'importanza della causa rispetto all'azione principale. Perché si usa solo in mezzo alla frase, ed più debole come causale.

a) Resto a casa perché nevica.
b) Siccome (Poiché) nevica, resto a casa.

Perché si può usare all'inizio della frase solo nelle interrogative e nelle risposte brevi.

Perché resti a casa?
Perché nevica.

L'importanza viene data alla prima frase enunciata, perciò se si vuole sottolineare l'azione principale si userà perché, se si vuole viceversa sottolineare la causa si userà siccome o poiché nei modi indicati.

C'è una terza alternativa:

Nevica, perciò resto a casa.

5. Appena (éppen)

a) *Appena sono arrivato.
b) *La guardia era appena in servizio.
c) *Appena fa la cena.

Appena è una congiunzione: introduce due azioni che si svolgono successivamente, ma molto ravvicinate nel tempo, quasi contemporanee, ed usata più frequentemente all'inizio dell'enunciato.

Pertanto la frase a) è incompleta:
Appena sono arrivato ti ho visto.
Ti ho visto appena sono arrivato.

Appena è un avverbio di tempo: può essere sostituito con l'espressione da poco (tempo). In questo caso si usa solo con tempi passati composti e si colloca tra l'ausiliare e il participio. La frase a) in questo caso non è incompleta, ma errata la posizione dell'avverbio:

Sono appena arrivato. (Sono arrivato da poco. )

Nella frase b) non si può usare appena, ma solo da poco (da poco tempo, da pochi minuti), oppure un verbo passato ma con tempo composto: in questo caso appena si colloca tra l'ausiliare e il participio:

La guardia era in servizio da pochi minuti.
La guardia era appena entrata in servizio.

Quando un parlante ungherese utilizza appena come avverbio e con tempi semplici o con il presente, traduce letteralmente éppen, mentre in italiano c'è una precisa costruzione, che indica l'inizio dell'azione, l'azione in corso:

Stare + gerundio:
Sta preparando la cena.
Sta mangiando.

6) Tra e fra; prima e dopo

*Abbiamo iniziato a remare, ma fra dieci minuti siamo caduti in acqua

Quando si parla nel presente si utilizzano le espressioni tra (o fra: solo questione di suono, non c'è differenza sostanziale tra queste due) per indicare che cosa accade dopo e fa per indicare che cosa accaduto prima; quando invece si parla di un periodo di tempo collocato nel passato o nel futuro si utilizzano prima e dopo.

Gli aggettivi prossimo e passato (o scorso) si riferiscono a periodi di tempo immediatamente vicini al momento di cui si parla; successivo e precedente a periodi di tempo più lontani:

Lunedì prossimo sono impegnata, ma posso venire da te il lunedì successivo.
L'anno scorso abbiamo festeggiato a casa, mentre l'anno precedente al mare.

7) Singolare e plurale

È frequente l'uso, errato, del singolare al posto del plurale (poco usato nella lingua ungherese, rispetto a quella italiana):

a) *ho comprato sette rosa

b) *ho soltanto mille lira

Il numerale, quando indica quantità, richiede il plurale

c) *la gente raccontano

La gente è un nome collettivo, ma singolare.

d)
*tutti racconta

*tutti i padroni di casa va
*in ogni case private
*alcuna volta mi sento infelice
*in qualche giorni sono triste
*prendono qualche fiore per darli ai ragazzi

Qualche è singolare e resta invariato nel genere. Alcuni/e è plurale e si concorda nel genere con il nome a cui si riferisce. Stesso discorso per ogni (singolare) e tutti/e (plurale).

Attenzione: tutti/e richiede l'articolo del nome a cui si riferisce; ogni ha un significato più forte rispetto a tutti/e.

8) Alcune improprietà linguistiche

Anche in italiano, come in tutte le lingue, si presenta questo problema, poiché il campo semantico di una parola ha diversa estensione nelle diverse lingue, e lo sanno bene i traduttori.

Chiamare

*Chiama il mondo bello.
*La ragazza, che si chiama Antonella, viene chiamata strega.
*Non c'è niente di più umiliante di chiamare soldi da un altro uomo.

Viene usato anche, in modo improprio, col significato di considerare, ritenere, avere un'opinione, mentre significa:

- dare un nome a qualcosa o qualcuno (Quella ragazza è chiamata "la strega". )

- chiamare qualcuno per nome (Tutti lo chiamano Gino, ma il suo vero nome chissà qual è. )

- attirare l'attenzione di qualcuno (Ha chiamato il cane fischiando. Chiama il

taxi con un gesto della mano. )

- telefonare (Ha chiamato l'ingegnere. )

Considera il mondo bello.
La ragazza, che si chiama Antonella, viene ritenuta strega.
Non c'è niente di più umiliante di chiedere soldi da un altro uomo.

Parlare e dire

a) *Parla moltissime cose a proposito dell'Ungheria.
b) *Il libro parla dalla fame nel mondo.

In italiano questi due verbi non sono completamente sinonimi [sì, però neanche in ungherese!! - l'editore].

Parlare ha un significato molto generale, significa esprimere con le parole, ammette l'oggetto solo introdotto dalla preposizione di (parlare di qualcosa) e in questo caso esprime appunto opinione; quando non ha oggetto assume solo il significato generale. dire ha un significato più concreto, significa esprimere un pensiero con le parole, ed esige sempre l'oggetto (cioè che cosa si dice: dire qualcosa), espresso o sottinteso.

a) Parla di moltissime cose a proposito dell'Ungheria.
Il libro parla della fame nel mondo.
b) Dice moltissime cose a proposito dell'Ungheria.
Abbiamo parlato di te ieri sera.
Di te abbiamo detto che sei egoista.
Ho detto tutto alla polizia.

Piacere e preferire

a) *Purtroppo preferisco i cioccolatini, così ingrasso.
*Nessuno preferisce il denaro come scopo di vita.
Preferisci la pizza? [Questa in sé non è sbagliata. Dipende dal contesto. Anzi, tutte le frasi in a) possono essere corrette, l'importante è il contesto - l'editore]

b) ***Li piacciono molto questo bar.
**Marco piace lo sport.
*Gli piacciono molto questa università.

c) Come ti è piaciuto il film?

Preferire significa piacere di più, implica una scelta tra due o più cose.

Preferisci la pizza o la pasta? (Ti piace di più la pizza o la pasta?)

Quando non c'è una scelta da fare si usa piacere, che può essere riferito a persone, oggetti (bello da vedere), cibi e bevande (bello da vedere o buono da mangiare), azioni (mi piace giocare a tennis).

Il verbo ungherese szeretni si può rendere in italiano con piacere o con amare, che però ha un significato più forte. Nell'usare il verbo piacere occorre prestare attenzione a due particolarità. Innanzitutto la costruzione, infatti la cosa che piace è il soggetto del verbo, mentre la persona richiede la preposizione a (complemento di termine):
una cosa piace a qualcuno; quindi il verbo si coniuga in base all'oggetto che piace, non in base alla persona.

A loro piace molto questo bar.
A Marco piace lo sport.
A loro piace molto questa università.

Inoltre il verbo piacere può essere quantificato, ma non qualificato, cioè una cosa può piacere tanto oppure poco o non piacere, ma non può piacere bene o male.

Ti è piaciuto il film?
Quanto ti è piaciuto?

Viaggiare

Viaggiare significa fare uno o più viaggi; muoversi lungo un determinato percorso; visitare nel corso di uno o più viaggi (riferito a territori: viaggiare in Europa, ha viaggiato mezzo mondo...); si usa per indicare uno spostamento da un luogo a un altro quando si specifica il mezzo di trasporto (viaggiare in treno, in auto, in aereo). Nella lingua italiana è molto più usato il verbo andare; per altri casi in cui tale verbo risulti troppo generale, se ne sceglierà di volta in volta uno più adatto.

Signore, Lei dove va?
Sono andato a Roma per vedere il Colosseo.
Vado a Bologna la settimana prossima.
Alla sera è pericoloso circolare in città.
Allora, quando hai deciso di partire per Milano?