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    JANKLOVICS Ildikó
.: Le circostanze socio-culturali del postmoderno (1998)

 

 

Gli anni '60 e '70 portano cambiamenti significativi nella società, nella realtà di tutto il mondo. La riapertura dei mercati, la forza espansiva del capitalismo americano, una rinnovata stabilizzazione monetaria internazionale e l'intervento regolatore degli Stati permettono, a partire dal dopoguerra, un sostenuto ritmo di sviluppo per le economie più avanzate dell'area capitalistica (Europa occidentale, America settentrionale, Giappone). L'innalzamento delle retribuzioni reali ed il crescente ruolo assistenziale assunto dallo Stato conduce a un netto miglioramento delle condizioni di vita nei paesi più industrializzati, i settori più vasti di popolazione sono messi in grado di accedere ai beni di consumo. Inoltre un'agressiva pubblicità tende a imporsi come simbolo stesso del benessere.

Contro questo modello di vita appare la critica dei nascenti movimenti studenteschi e del neofemminismo che esprime la necessità di integrare il modello consumistico con una riforma della cultura sociale e dei rapporti personali. Le rivolte della popolazione afro-americana e il degrado della condizione di vita degli immigrati nelle periferie urbane dei paesi del Terzo Mondo rendono evidenti che lo sviluppo non ha saputo superare pienamente le differenze sociali.
La crescita economica dura dal dopoguerra fino al 1973 e riunisce molti settori della vita tecnologica - economica. Lo sviluppo scientifico - tecnologico arriva ad una fase espansiva senza precedenti. Dopo la fine della guerra i paesi industrialmente più avanzati cominciano un'attività produttiva, si occupano degli investimenti, dell'occupazione e del reddito.

Lo sviluppo si espande in molti campi della scienza: rivoluzionari progressi della scienza, la tecnica organizzata in un sapere sistematico e innovativo. Cioè la concezione della scienza si trasforma da teoria della conoscenza a sapere per l'azione. Ci sono un migliaio di scienziati e tecnici operanti nei laboratori delle università o delle maggiori imprese. Nei grandi paesi nascono i diversi obiettivi della ricerca, l'esigenza di coordinare i programmi, la politica della scienza. Le discipline umanistiche vengono sostituite con l'insegnamento delle discipline scientifiche. Queste trasformazioni conducono ad uno sviluppo enorme del settore scientifico. Guardiamo alcuni rinnovamenti di questi anni: la fissione atomica dal 1951, l'uso dell'elettricità nucleare; il petrolio come fonte primaria di energia, il basso livello dei prezzi rimasti stabili fin verso l'inizio degli anni '70.
La rivoluzione elettronica apre all'umanità prospettive di trasformazioni economiche - sociali più radicali: l'innovazione degli elaboratori e calcolatori, sempre più piccoli, conduce alla computerizzazione di cicli lavorativi, alla crescita della cibernetica ed informatica, ai perfezionamenti delle reti telefoniche e di quelle televisive. Lo sviluppo dei trasporti tende all'espansione dell'auto e della motorizzazione privata, al miglioramento degli aerei ed alla conquista dello spazio. Con lo sviluppo industriale cominciano a crescere i beni di consumo di massa (automobili, elettrodomestici, apparecchi televisivi etc.). Anche l'agricoltura è progressiva, per i prodotti chimici, per la meccanizzazione e motorizzazione.

Da tutti questi cambiamenti risulta uno slancio demografico non solo nel Terzo Mondo, ma tra il 1945 e la metà degli anni '60 anche nei paesi industrializzati c'è il baby boom. Lo slancio demografico significa da un lato il regresso della mortalità (per i progressi della medicina e dell'assistenza sociale) e dall'altro lato il rialzo della natalità. E proprio è questo fatto ad allargare il mercato ed a stimolare la creazione dei beni destinati a soddisfare i bisogni fondamentali. Fra 1950 e 1973 si può notare un altro fenomeno: l'accumulazione dei capitali, il perfezionamento del sistema bancario, gli ampi crediti agli imprenditori, l'autofinanziamento (profitti e risparmi) e l'allargamento degli investimenti e dei traffici internazionali. In questo periodo nascono le grandi multinazionali. Però nel 1973 la crescita economica rapida è interrotta. La crisi rende evidente le difficoltà dei paesi industrializzati, gli squilibri nati dai nuovi rapporti economici e le contraddizioni tra il mondo avanzato e quello arretrato. La crisi parte da due campi: il primo è quello finanziario-monetario dove c'è un aumento dell'inflazione e il deficit della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti per le enormi spese militari e per gli aiuti economici distribuiti. La risposta della politica americana è stampare dollari per cui il dollaro si svaluta rispetto all'oro.
Questo ha come risultato un'oscillazione generale delle valute ed un caos monetario negli scambi internazionali. L'altro campo è la crisi energetica che è molto grave visto che i paesi industriali hanno basato la loro politica dell'energia soprattutto sul petrolio, acquistato a prezzi bassi presso gli Stati produttori, concentrato nel mondo musulmano (Arabia Saudita, Iran, Libia, Algeria etc.). Ma in seguito alla guerra del kippur i produttori arabi, assai influenti nell'OPEC reagirono alle simpatie manifestate dagli Stati Uniti e dall'Europa occidentale per Israele utilizzando l'arma del greggio. La produzione del petrolio viene ridotta, dall'ottobre 1973 il suo prezzo si quadriplica. La crisi viene seguita dal rallentamento della crescita e dalla stagnazione della produzione industriale. Si può affermare che i cambiamenti significativi influenzano e trasformano la società occidentale. Si crea la società del benessere e dei consumi, il Welfare State con l'importanza della pubblicità che è un tentativo di creare valori. È importante l'esperienza dei consumi, la sostituzione di una vasta gamma di prodotti (immotivata, basata solo su ragioni di prestigio e di status sociale).

Dopo il baby boom, dalla metà degli anni '60 risulta evidente il calo della natalità (si possono trovare ragioni diverse e complesse, come la contrazione generale della fecondità, il ritardo dell'età matrimoniale, ampio ricorso al lavoro femminile, preoccupazione per le spese di mantenimento e l'educazione, la diminuita influenza della Chiesa, divorzio e contraccezione) ed anche il calo della mortalità che crea nuovi problemi come l'invecchiamento della popolazione (poco capace di adeguarsi alle innovazioni e il difficile problema dei mezzi finanziari).
Anche il campo agrario si trasforma, comincia a ridursi in seguito dell'esodo dalle campagne verso le città. Con l'incremento della popolazione urbana si costruiscono le megalopoli (come New York, Tokio, Londra) creando il rischio di traumi e di stress. I mass media tentano di uniformare i gusti e diffondere una cultura commerciale e banalizzata radicalmente separata dall'alta cultura. La televisione ha una funzione di controllo sociale ed orientamento dell'opinione pubblica (modo di vita americano).

Nella società appaiono nuovi problemi come la trasformazione della struttura tradizionale e del ruolo della famiglia (nucleo familiare ristretto, autonomia dei servizi sociali, disaffezione verso il matrimonio, aumento del numero dei divorzi, mobilità coniugale); come l'analisi della condizione femminile (rendono le donne più indipendenti di spirito e le fanno più consapevoli della loro discriminazione) che tende alla richiesta della totale eguaglianza dei sessi, contro lo sciovinismo maschile (vogliono legalizzare l'aborto, il divorzio, leggi contro la frustrazione sessuale della donna etc.); e come la questione razziale.

Guardiamo più dettagliatamente i movimenti giovanili, la cultura giovanile come una rappresentazione caratteristica dell'epoca. Appaiono i movimenti studenteschi ed i nuovi modelli di comportamento (contro le costrizioni tradizionali e gli autoritarismi repressivi).
Le esigenze dei giovani negli anni '60 significano la difficoltà di inserimento delle nuove generazioni nei quadri mentali di una società di adulti che hanno conosciuto la guerra e le privazioni a quella connesse e che sembrano poco disponibili nei confronti delle esigenze giovanili. In molti casi i giovani stentano a inserirsi nel sistema produttivo, si vedono esclusi dalle posizioni di maggiore reddito e prestigio.
Hanno un senso di insicurezza e di insoddisfazione che stimola la ricerca di proprie forme di aggregazione, di cultura alternativa e di identità collettiva (musica leggera, rock and roll). Inoltre è un segno anche di un conflitto generazionale che assume una critica radicale dei valori della società borghese e consumista.
Cioè le basi ideologiche della rivolta sono che molti studenti condividono assai poco i valori dominanti nell'Italia del «miracolo economico»: l'individualismo, il potere totalizzante della tecnologia, l'esaltazione della famiglia, la stessa corsa ai consumi viene giudicata da parecchi giovani come un fenomeno tutt'altro che positivo.

La generazione di studenti liceali legge Camus, Sartre, Pavese, Baudelaire; i loro eroi, se mai ne hanno, sono i ribelli non gli integrati. Questo senso di rifiuto trova un fertile terreno di crescita nelle minoranze che contestano le due ortodossie dominanti in Italia, quella cattolica e quella comunista. Nello stesso tempo si va manifestando una ripresa del pensiero marxista. La fonte ideologica è una certa interpretazione delle opere di Herbert Marcuse, filosofo tedesco attivo dal 1934 in America, ed opera una revisione del marxismo alla luce dei nuovi caratteri della società industriale avanzata e vede la possibilità di costruire una società felice e liberata dall'alienazione del lavoro non nella prospettiva di una semplice rivoluzione politica ma nella trasformazione della struttura sociale e tecnologica. Il soggetto di questa trasformazione non può più essere il proletariato ormai inserito nella società dei consumi ma i gruppi sociali sfruttati ed emarginati (come p. e. gli studenti). Queste nuove iniziative che maturano nei campi cattolico e marxista non possono certo essere omogenee tra loro, né avere lo stesso tipo di impatto sul mondo studentesco. Ma c'è un comune retroterra ideologico in cui i valori di solidarietà, azione collettiva, lotta all'ingiustizia sociale si contrappongono all'individualismo ed al consumismo del capitalismo maturo. La rivolta riceve ispirazione ed identità politica dalla drammatica e ineguagliabile congiuntura internazionale dei tardi anni '60. La guerra del Vietnam, in primo luogo, cambia il modo di guardare all'America di un'intera generazione non solo di italiani. Il mito americano fallisce.

Contemporaneamente, un nuovo modello per la costruzione del socialismo sembra sorgere dall'esperienza della rivoluzione culturale in Cina nel 1966-1967. La rivoluzione culturale è largamente interpretata in Italia come un movimento di massa spontaneo ed antiautoritario. Gli studenti del Sessantotto rompono con i propri genitori che certamente non sono fascisti ma sono favoriti dal miracolo economico e ne accettano i valori. Il movimento ha quindi un forte contenuto eversivo, perché sfida direttamente il modello di modernità che è apparso in Italia negli anni precedenti. Gli studenti non cercano mai di incanalare la protesta per ottenere dei cambiamenti. La natura stessa della loro critica e della loro organizzazione - radicale - non favorisce un loro possibile trasformarsi in gruppo efficace di pressione per le riforme. Gli studenti italiani non sono così utopisti da credere di cambiare il mondo da soli e non pensano mai di essere la sola classe veramente rivoluzionaria. Per loro è chiaro che un cambiamento radicale può realizzarsi solo avendo al proprio fianco una classe operaia convinta della necessità e della praticabilità di tale progetto. Il movimento studentesco del'68 così si allarga presto dalle riforme scolastiche al campo politico e si sposta rapidamente dalle università verso le fabbriche.

Si può affermare che i mutamenti sociali - culturali verso il postmoderno cominciano ad essere presenti già negli anni '60. Come osserva Featherstone:
«In rapporto all'emergere il postmodernismo nelle arti negli anni '60 e in certi campi intellettuali e di ricerca negli anni '70, noi dovremmo focalizzare l'emergere di quell'ambito generazionale particolarmente vasto - la generazione degli anni '60 - che ha conseguito un'istruzione superiore in maggior numero rispetto a prima, e che ha sviluppato orientamenti, gusti ed abitudini che queste persone portano con sé inoltrandosi nella loro vita adulti. Si può anche affermare che artisti e intellettuali scoprono, cristalizzano e divulgano particolari definizioni di una consapevolezza generazionale per vari tipi di pubblico e di mercati».
Cioè negli anni '60 si sviluppa una certa sensibilità, e questa sensibilità della generazione degli anni '60 si allarga e trova un pubblico più vasto negli anni '70 - '80 (le stesse persone diventano adulti conservando questa sensibilità). In che cosa consiste questa sensibilità? Soprattutto è un progetto per l'informalizzazione ed elaborazione dei codici di comportamento precedentemente più stretti. La società del consumo - nella definizione di Featherstone - significa «un'espansione della produzione capitalistica delle merci che ha sviluppato una vasta accumulazione di cultura materiale sotto forma di beni e spazi per l'acquisto e il consumo».
Questo processo conduce in primo luogo verso maggior egualitarismo e libertà personale, ma in secondo luogo aumenta la capacità di manipolazione ideologica e il controllo seduttivo della popolazione.

Le arti, il tempo libero, la cultura in generale vengono filtrati attraverso l'industria culturale. Le forme tradizionali di associazione nella famiglia e nella vita privata vengono presentate come sottomesse a una massa atomizzata e manipolata. Cioè è una cultura del valore di scambio e del calcolo strumentale razionale. Si può fare una classificazione dei beni che vengono considerati valori. Ce ne sono che vengono consumati (p. e. cibo, bevande, vestiti, prodotti igienici), beni del tempo libero (p. e. auto, frigoriferi, macchine fotografiche, vacanze) e beni di prestigio e della cultura alta (p. e. arte, letteratura, opera lirica, film). Inoltre c'è un altro settore che diventa importante: la conoscenza. La conoscenza dei nuovi beni, del loro valore sociale e culturale, di come usarli. Per questo appaiono le riviste di cultura del consumo, giornali, libri, programmi televisivi e radiofonici che accentuano l'automiglioramento.

Comincia ad espandersi il consumo delle informazioni che riguardano il consumo. I nuovi formatori di gusti sono anche impegnati nella produzione di guide al saper vivere ed allo stile di vita. Il consumo trasforma anche il campo culturale. Nel mondo del consumo, nella cultura popolare gli intellettuali, gli accademici hanno anche un altro ruolo: far circolare rapidamente le informazioni tra aree culturali precedentemente sigillate e far emergere nuovi canali di comunicazione, la demonopolizzazione di enclavi culturali precedentemente stabili e legittimati.

Questi cambiamenti culturali e i cambiamenti nelle esperienze quotidiane e nelle pratiche culturali di più vasti gruppi della società conducono al moltiplicarsi di nozioni sulla perdita di senso del passato storico, cultura schizoide, lo sostituzione della realtà da parte delle immagini, simulazione, significanti non concatenati. Il postmoderno crea un nuovo rapporto tra la vita quotidiana e l'arte, crollano alcuni confini tra arte e la vita di ogni giorno (lo spostamento dell'arte all'interno del design industriale della pubblicità, delle industrie associate nella produzione di simboli e di immagini).
Il design e la pubblicità vengono confusi con l'arte, anzi vengono celebrati e museificati come arte. L'industralizzazione dell'arte e della cultura utilizza immagini, segni; i beni consumati sono evocanti di sogni, desideri e fantasie. Questa cancellazione del confine tra arte e vita quotidiana, il collasso della distinzione tra arte alta e cultura di massa ha come risultato l'estetizzazione di vita quotidiana che si può intendere in tre sensi: il progetto di far diventare la vita un'opera d'arte (una rappresentazione eccellente può essere la vita di Oscar Wilde) il rapido flusso di segni e di immagini che influenza la vita quotidiana (manipolazione commerciale delle immagini tramite la pubblicità dei media e le insegne).
Cioè la società dei consumi non va considerata come realizzazione soltanto di un materialismo dominante perché essa mette a confronto anche la gente con sogni - immagini che parlano ai desideri ed estetizzano la realtà. le subculture artistiche che produssero il dada, l'avanguardia storica e i movimenti surrealisti negli anni '20, che cercano di cancellare il confine tra arte e vita.
L'arte postmoderna negli anni '60 si appoggia su questa strategia, e ha una doppia faccia: è una sfida diretta contro l'opera d'arte, il desiderio di deautorizzare l'arte e nello stesso tempo esprime che l'arte può essere ovunque e ovvero qualsiasi cosa. I detriti della cultura di massa, le merci di consumo popolare degradate possono essere arte (esempio di Andy Warhol e della pop art).

Quindi gli anni '60 significano un punto di rivolgimento perché il concetto della totalità del modernismo perde il senso. Ci sono delle esperienze simili al campo politico, economico che rafforzano la sensualità e creano movimenti sociali e culturali. Negli anni '70 - '80 con i mutamenti delle società occidentali cambiano anche i settori artistici ed intellettuali; i settori dell'arte, della letteratura, dell'architettura, della musica, della critica, e del mondo accademico. La moltiplicazione delle forme e delle strutture delle opere d'arte significano risposte diverse degli artisti sulle condizioni cambiate.

 

Bibliografia

Capra, Carlo - Chittolini, Giorgio - della Peruta, Franco:
Corso di storia 3, Firenze, Le Monnier, 1992.

Ginsborg, Paul: Storia d'Italia 1943-1996, Torino, Einaudi,1998.

Featherstone, Mike: Cultura del consumo e postmodernismo, Roma, Edizioni Seam, 1994. (trad. it.)

Harvey, David: La crisi della modernità, Milano, il Saggiatore, 1997. (trad. it.)