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.: Gli influssi stranieri su Calvino (1998)

 

 
Italo Calvino è uno scrittore influenzato dalla civiltà, dalla letteratura e dalla scienza dei grandi centri culturali europei e mondiali. Prima degli anni '60 fa dei viaggi che allargano la sua visione del mondo e influenzano in seguito il suo modo di scrivere.

Nel 1959 parte per un viaggio negli Stati Uniti per sei mesi, grazie a un finanziamento della Ford Foundation, e rimane affascinato da New York - dove passa quattro mesi - tanto da definirla «la città che ho sentito mia più di qualunque altra. La amo e l'amore è cieco... In fondo, non si è mai capito bene perché Stendhal amasse tanto Milano. Farò scrivere sulla mia tomba, sotto il mio nome, 'newyorkese'?»
La città lo colpisce profondamente, anche per la varietà degli ambienti con cui entra in contatto. Durante la sua permanenza in America Calvino tiene lezioni universitarie, fa interviste e colloqui per la televisione e prepara un impegno: vuole spiegare il mondo americano, vuole comprendere e far comprendere il segreto dell'America. Per questo fa delle note su Los Angeles, San Francisco, New York e altre città americane, ma dopo sente che il suo lavoro contiene solo luoghi comuni e non da niente di nuovo, così ritira in bozze i suoi manoscritti.

La vera esperienza determinante per Calvino è la civiltà francese e Parigi. L'influenza della cultura francese moderna è molto forte in questi anni. Nei primi anni degli anni '60 la vita culturale a Parigi ha un forte effetto su Calvino, più forte di quando abita a Parigi per circa un decennio e mezzo. In questo periodo Calvino si sposta di continuo fra Roma, Torino, Parigi e San Remo.

Nel 1967 Calvino si trasferisce con la famiglia a Parigi, col proposito di restarvi cinque anni. Vi abiterà invece fino al 1980, compiendo peraltro frequenti viaggi in Italia, dove passa anche le estati. Calvino studia le diverse tendenze dominanti nella Parigi dell'epoca con grande entusiasmo. Conosce Roland Barthes, conosce la filosofia di Derrida e Lacan, sente le lezioni di Lévi - Strauss e s'interessa dei saggi semiologici di Greimas. Conosce alcuni gruppi, ma la compagnia che Calvino preferisce è l'Oulipo (la sigla significa Ouvroir de Litterature Potentielle, emanazione del Collège de Pataphysique di Alfred Jarry).

Gli anni '60 significano un punto di rivolgimento perché il concetto della totalità del modernismo perde il senso. Ci sono delle esperienze simili al campo politico, economico che rafforzano la sensualità e creano movimenti sociali e culturali. Negli anni '70-'80 con i mutamenti delle società occidentali cambiano anche i settori artistici ed intellettuali; i settori dell'arte, della letteratura, dell'architettura, della musica, della critica, e del mondo accademico. La moltiplicazione delle forme e delle strutture delle opere d'arte significano risposte diverse degli artisti alle condizioni cambiate.

Così anche Calvino dopo la crisi sentita della letteratura moderna, dei valori artistici (gli scrittori della neoavanguardia proclamano la morte dell'arte, la fine della letteratura) cerca di affrontare il problema invece di accettarlo. Calvino si trova a dover abbandonare le sue formule stilistiche sicure degli inizi, diventa consapevole la necessità di dover cambiare. Cioè già alla fine degli anni '50 comincia a cambiare: dal neorealismo iniziale (misto con un po' di fantastico) arriva alla scrittura fantastica, alla scrittura combinatorica e al postmoderno.

«Il crollo delle poetiche» fa un effetto stimolante su Calvino, si sente costretto a lottare contro il mutamento dell'arte. Gli influssi stranieri lo aiutano a trovare la sua forma e struttura giusta e individuale.

Naturalmente le correnti dominanti in Francia (e con diverse mediazioni e trasformazioni anche in Europa) influenzano definitivamente la visione del mondo di Calvino, il suo contatto con la letteratura e così anche le sue successive scritture. Vediamo più dettagliatamente le tendenze vicine alla mentalità di Calvino.

Cambia radicalmente la tecnica di scrivere di Calvino rispetto alle opere precedenti. Si può osservare la curiosità di Calvino soprattutto verso due teorie e pratiche: il gruppo Oulipo operante nella capitale francese e la semiologia rappresentata da Roland Barthes. Assumo brevemente l'attività di questi due «aiuti», sottolineando quei momenti della loro attività che influenzano Calvino nella scrittura del romanzo.

1. Il primo influsso: l'Oulipo

Il gruppo Oulipo è fondato il 24 novembre 1960, quando c'è la prima riunione «ufficiale» dei membri. Il loro primo manifesto scritto da François Le Lionnais dichiara lo scopo principale del sodalizio: tutte le opere letterarie si costruiscono a partire da un'ispirazione che deve adeguarsi a molte procedure e costrizioni (p.es.: il lessico, la grammatica, le regole del romanzo, le forme fisse della struttura poetica...). L'autore del manifesto fa la chiede se si debba rimanere attaccati alle ricette conosciute e rifiutare radicalmente le forme nuove. I fedeli dell'immobilismo naturalmente rispondono di sì, ma la base della loro convinzione non è la ragione, ma l'abitudine. Ma secondo l'Oulipo l'umanità non deve accettarla e accontentarsene. Certi scrittori hanno già fatto un tentativo di l'innovazione, alcuni con il genio, altri solo occasionalmente (per esempio creazione delle parole nuove). Lo scopo maggiore dell'Oulipo è sistemare scientificamente questi modi di innovazione.

Il membro principale dell'Oulipo è Raymond Queneau. Queneau introduce tante innovazioni nella letteratura. Una delle sue innovazioni è l'uso della lingua francese parlata, il francese che si usa, non si scrive. Queneau usa questo perché vuole rappresentare la vita quotidiana e per questo si deve scrivere nella lingua usata nella vita. Per Queneau lo scrivere sostituisce la vita, scrive delle riflessioni personali, così la letteratura deve seguire la vita. Questo elemento lo conduce alla necessità della riforma della lingua letteraria (così Queneau non usa la forma subjonctif [cioè il congiuntivo] che è troppo ricercata, semplifica l'ortografia francese nelle sue scritture...). Queneau non attribuisce importanza ai diversi sistemi di segni, creando invece una scrittura nuova basata sui pictogrammi degli indiani nordamericani, cioè Queneau una soluzione molto radicale. Mette il punto interrogativo anche dopo altri concetti: la lettura, la letteratura, il testo... Secondo lui la letteratura è indipendente dal libro. Queneau richiama l'attenzione sulla crisi della letteratura e della lettura nella sua epoca. Nel suo romanzo Cent Mille Milliards de poèmes (1961) la gente non ha tempo di leggere.

Per Queneau l'Arte è uguale a la Tecnica e il Gioco. La sfera della fantasia può realizzarsi solo con le regole, così Queneau accetta tutte le forme tradizionali della poetica; non scrive romanzi perché cerca le regole e il romanzo è un genere troppo libero per lui. Tende sempre a costringersi ai sistemi e alle regole. Il suo poema Le Chiendent (1932) - è la prima opera basata sui sistemi matematici e la prima opera di Queneau che segue questi principi. Quest'opera anticipa la sua teoria e il movimento, che dimostra il suo interesse verso il tema. Il poema è costituito da 91 capitoli, 91 è la moltiplicazione di 7×13 ed è la somma delle prime tredici cifre. Inoltre i capitoli sono costituiti da 7 paragrafi e tutti i capitoli hanno diverse forme e caratteristiche (lo stile, l'uso del tempo o del luogo). Nei capitoli i personaggi ritornano periodicamente e ritmicamente, così creando una puntualità tipo una partita di scacchi.

Queneau s'interessa delle teorie moderne della matematica, gli piacciono i calcoli e il gioco spirituale con le cifre. Ma nelle opere di Queneau le regole sono presenti in modo latente, inosservabile, la costruzione dev'essere invisibile. Queneau solo una volta spiega il sistema: nel caso di Exercices de style (1947). I 99 brani non sono un romanzo, ma sono una riflessione sul potere dell'espressione. Queneau afferma il potere assoluto dello stile, ma anche la sua relatività. Cioè tutti i brani sono adatti per se stessi, ma anche hanno un posto proprio nell'insieme. Il numero 99 esprime la serietà dell'impegno e anche la virtuosità giocosa e la leggerezza di Queneau, il poeta che finisce proprio prima di cento.

Con quest'opera di Queneau si può comprendere il suo rapporto con la verità. Generalmente il romanzo limita molto la realtà (ci sono situazioni, frasi, personaggi concreti... modi di scrivere e modi di percepire limitati). Mentre l'Exercices de style rappresenta modi diversi per l'avvicinamento del mondo, punti di vista diversi.

Lo scopo di Queneau è liberare le parole e le espressioni dai significati dei vocabolari, per questo spostamento usa la nuova ortografia, la formazione delle parole... La sua modalità del gioco è molto ampia: trasforma le parole straniere (invece di knock-out scrive queneau-coutte); trascrive le sigle; ecc.

Italo Calvino nel 1967 finisce di tradurre I fiori blu (Les Fleurs bleues) di Queneau. «Alla poliedrica attività del bizzarro scrittore francese rinviano vari aspetti del Calvino maturo: il gusto della comicità estrosa e paradossale, l'interesse per la scienza e per il gioco combinatorio, un'idea artigianale della letteratura in cui convivono sperimentalismo e classicità.»

Dal 1968 Calvino a Parigi frequenta Queneau, che lo presenta ad altri membri dell'Oulipo, fra i quali George Perec, François Le Lionnais, Jacques Roubaud, Paul Fournel. Per il resto, nella capitale francese i suoi contatti sociali e culturali non saranno particolarmente intensi: «Forse io non ho la dote di stabilire dei rapporti personali con i luoghi, resto sempre un po'a mezz'aria, sto nelle città con un piede solo. La mia scrivania è un po'come un'isola: potrebbe essere qui come in un altro paese...» Ma l'influsso forte del gruppo Oulipo per Calvino è inconfutabile, come vedremo più tardi nei suoi romanzi scritti dopo la fine degli anni '60.

2. Il secondo influsso: lo strutturalismo e la semiologia

Com'è noto si considerano i primi rappresentanti dello strutturalismo i formalisti (Jakobson, Tinyanov). Il retroscena scientifico - filosofico dello strutturalismo è la filosofia fenomenologica di Edmund Husserl che si pone l'obiettivo di creare una scienza senza interpretazioni forzate, perché i fenomeni sono spiegabili soltanto da se stessi, soltanto con se stessi, con i propri «eidos». Lo strutturalismo segue i prìncipi fenomenologici nelle ricerche letterarie. Così esclude i fattori esterni dalle ricerche come la psicologia, la storia, la sociologia, la politica, ecc. e si concentra direttamente sull'opera letteraria.

Lo strutturalismo nega l'interpretazione soggettiva, accetta solo il significato che contiene il testo. A proposito di un'opera cerca sempre dei modelli generali (come Noam Chomsky, il linguista americano cerca la regola generativa - trasformativa, sulla base della quale è possibile ricostruire la lingua).

Secondo lo strutturalismo tutti i sistemi sono le parti di un sistema maggiore, che è parte di un sistema sempre più sintetico. L'ultimo sistema è la lingua. Così anche l'opera d'arte si inserisce in un sistema complesso. Il legame tra i sistemi è di due tipi: diacronico (il modo in cui i sistemi cambiano) e sincrone (il sistema di forme dell'opera si inserisce nel sistema di forme di un certo periodo). Il compito dell'analisi strutturalista è cercare come un fenomeno si inserisce in un altro sistema e cos'è la funzione nell'altro sistema. La funzione è la forza di coesione dei sistemi ed è orientata dal sistema maggiore. Il sistema dirigente è la struttura.

Il culmine dello strutturalismo è quello francese. Negli anni '50-'60 è dominante il modo di vedere strutturalista nella maggior parte delle scienze naturali francesi. La scuola dirigente si è formata intorno a Roland Barthes. Barthes sviluppa il metodo dell'analisi strutturalista. Lui non è un linguista come i precursori, come Jakobson, ma è un critico letterario e un critico della cultura. Le sue scritture strutturaliste vengono pubblicate dagli anni '60, un grande pubblico frequenta i suoi seminari. Anche Italo Calvino li frequenta, il suo «interesse per la semiologia è testimoniato dalla partecipazione a due seminari di Barthes su 'Sarrasine' di Balzac all'Ecole des Hautes Etudes della Sorbona, e a una settimana di studi semiotici all'Università di Urbino, caratterizzata dall'intervento di Greimas.»

Barthes ha una curiosità umana, ha un orientamento umano. Cerca sempre la ragione umana, il significato. Per lui lo strutturalismo non è una tecnica, ma una filosofia di vita. Così nella sua attività anche la vita quotidiana, la moda, la politica hanno grande importanza.

Barthes non si occupa della realtà rappresentata, dell'argomento dell'opera, solo di come si esprime. Lo strutturalista deve decomporre il sistema che a prima vista sembra chiuso. Così si possono trovare gli elementi della struttura e il legame tra gli elementi, senza prendere l'argomento, ma la forma.

Nel suo libro intitolato Gli elementi della semiologia (1964) sviluppa la semiologia di Saussure. Barthes dà la possibilità del rovesciamento della proposta sausurriana: la linguistica non è la parte della scienza generale dei segni, ma è la semiologia la parte della linguistica, perché tutti i sistemi semiologici si mescolano con la lingua. L'analisi semantica deve dividere la «langue» e la «parole» (con i termini tecnici di Saussure) anche nell'alimentazione, nella moda, nelle automobili ecc. La lingua non ha un piano, ma contiene più sistemi, cioè ci sono legami complessi tra i segni. Un concetto centrale di Barthes è la connotazione che significa un piano secondario, la connotazione forma delle nuove possibilità di interpretazione. La semiotica deve descrivere la letteratura con l'analisi di queste connotazioni.

Barthes si occupa della teoria della letteratura. Nel suo saggio Grado zero della scrittura parla della rottura con la scrittura omogenea. La sua proposta è la scrittura di grado zero che nasce dalla mancanza del giudizio, lo scrittore deve affidarsi a una lingua base che è tra la lingua parlata e quella letteraria. In un altro suo saggio importante La morte dell'autore (1968) finisce con il modo di vedere positivista della letteratura e con l'aspetto autore - centrico e propone l'annullamento dell'autore. Il testo contiene molti tipi della cultura, molti tipi di scritture che si radunano in un posto: è il lettore: «il prezzo della nascita del lettore è la morte dello scrittore.» Barthes arriva alla teoria della ricezione.

Naturalmente il modo di scrivere di Calvino cambia gradualmente, i suoi romanzi nati a partire dall'inizio degli anni '60 tendono verso l'annullamento dell'autore e i sistemi matematici - logici. Nel romanzo Il castello dei destini incrociati (1969) appare l'esigenza di sistemare le tradizioni e diminuire il ruolo dell'autore. Le città invisibili (1972) impone la logica matematica, la realtà rappresentata in un'ordine enciclopedico. Quindi Calvino gradualmente tende verso questi sistemi che culminano nel romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore (1979).

Calvino usa le innovazioni di Queneau, in quanto mette al centro il gioco spirituale: nella struttura domina il gioco con i sistemi, il gioco con le regole. Si può osservare una tentazione doppia: fare l'ordine, creare sistemi giocando, con una leggerezza letteraria. Come Queneau, anche Calvino accetta le tradizioni letterarie, ma con un po'd'ironia, diventandone sperimentalista. Cerca di riscrivere le storie già scritte, accetta le formule tradizionalmente usate, ma prova anche delle innovazioni, mettendo le tradizioni nell'ambiente e nelle strutture moderne, così crea una letteratura ambigua: con le storie conosciute esprime l'impossibilità della continuazione.

Si può notare l'influenza dello strutturalismo nel romanzo: l'esigenza della struttura ben costruita, la consapevolezza di Calvino per i sistemi che si devono risolvere con metodi scientifici. Calvino crea un sistema molto chiuso nel mondo della logica. Come Barthes vuole scrutare dei sistemi nel campo della linguistica, Calvino cerca di creare dei sistemi nel campo della logica.

Bibliografia

1. Barenghi, Mario - Falcetto, Bruno (a cura di), Cronologia,
In: Calvino, Italo: Romanzi e racconti I. Milano, I Meriniani, 1991.

2. Benedetti, Carla, Pasolini contro Calvino. Torino, Bollati Boringhieri, 1998.

3. Bersani, J. - Autrand, M. - Lecarme, J. - Vercier, B.: La littérature en France depuis 1945. Paris, Bordas, 1970.

4. Biet, C. - Brighelli, J. P. - Rispail, J. L., XXe siècle. Éditions Magnard.

5. Bókay, Antal: Irodalomtudomány a modern és a posztmodern korban. Budapest, Osiris, 1997.

6. Barthes, Roland: Válogatott írások. Debrecen, Európa Könyvkiadó.

7. Barthes, Roland: A szöveg öröme. Budapest, Osiris, 1996.